STRUTTURA
PARTE PRIMA
LA DOTTRINA DEL LOGOS (frr. 1-50)
Gruppo I frr. 1-4
Gruppo II frr. 5-7
Gruppo III frr. 8-15
Gruppo IV frr. 16-22
Gruppo V frr. 23-24
Gruppo VI frr. 25-27
Gruppo VII frr. 28-31
Gruppo VIII frr. 32-34
Gruppo IX frr. 35-40
Gruppo X frr. 41-43
Gruppo XI frr. 44-46
Gruppo XII frr. 47-50
PARTE SECONDA
LA DOTTRINA DEL FUOCO (frr. 51-93)
Gruppo XIII frr. 51-56
Gruppo XIV frr. 57-65
Gruppo XV frr. 66-71
Gruppo XVI frr. 72-76
Gruppo XVII frr. 77-78
Gruppo XVIII frr. 79-82
Gruppo XIX frr. 83-85
Gruppo XX frr. 86-94
Gruppo XXI frr. 90-93
Gruppo XXII frr. 94-101
Gruppo XXIII frr. 102-106
Gruppo XXIV frr. 107-111 SIVE FRAGMENTA INCERTAE SEDIS
Gruppo XXV frr. 112-125 DUBIA ET SPURIA
APPENDIX
NOMEN HERACLITI LAPSUM SCRIPTUM
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NOTAZIONI
0 = frammento ricavato da due o più testimonia.
C = citatio, citazione: Eracliti expressis verbis;
P = parafrasi del frammento;
R = respicit. Reminiscenza.
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GRUPPI
I
1) Il Logos è una verità obiettiva (™èn) o Legge universale operante e percepibile nel mondo dell'esperienza della vita quotidiana. Ciò non ostante gli uomini non riescono a riconoscerlo, né lo comprendono anche quando Eraclito stesso li istruisce.
2) Le conseguenze sono di vasta portata. Dal momento che sulla percezione del Logos universale si fonda la corretta e fattiva attività pratica del cittadino greco.
3) Eraclito mostra il metodo mediante il quale si può raggiungere il Logos: analizzando correttamente ciascuna cosa nelle (due) parti che la costituiscono.
4) Invece di riconoscere una Verità obiettiva e particolare (il Logos), gli uomini in generale e i filosofi in particolare hanno solo una dÒxa particolare fondata sull'immaginazione o la congettura.
1(1DK; 2 B)
Sext Emp. adv. math. VII 132 ™ναρχόμενος γοûν τÏν περˆ φύσεως Ð προειrημέnος ¢ν¾ρ (sc. Ήράκλειτος ) καˆ πρόποn τιn¦ δεικνÝς τÕ περιέχον φησί
(I) τοῦ δὲ
λόγου τοῦδ' ἐόντος
ἀεὶ ἀξύνετοι γίνονται ἄνθρωποι
καὶ πρόσθεν ἢ ἀκοῦσαι καὶ ἀκούσαντες τὸ πρῶτον·
(II) γινομένων γὰρ πάντων κατὰ τὸν λόγον τόνδε
ἀπείροισιν ἐοίκασι, πειρώμενοι
καὶ ἐπέων καὶ ἔργων
(III) τοιούτων, ὁκοίων ἐγὼ διηγεῦμαι
κατὰ φύσιν διαιρέων ἕκαστον
καὶ φράζων ὅκως ἔχει·
(IV) τοὺς δὲ ἄλλους ἀνθρώπους
λανθάνει ὁκόσα ἐγερθέντες ποιοῦσιν,
ὅκωσπερ ὁκόσα εὕδοντες ἐπιλανθάνονται
(I) Di questa verità, così reale com’è,
gli uomini si mostrano sempre incomprensivi,
sia prima di averla udita sia una volta che l’hanno udita;
(II) Perché, quantunque tutte le cose
trascorrano secondo questa Verità,
gli uomini si comportano come
ignorantia ogni volta che intraprendonob
fatti o discorso,
(III) mentre io, per parte mia, spiego tali parole e cose
distinguendo ciascuna a seconda
della sua reale costituzione
e poi mostrando com’è;
(IV) Quanto al resto degli uomini
essi sono sempre così inconsapevoli di ciò che fanno dopo che si
svegliano
come dimenticano ciò che fanno
mentre dormono.
a oppure: privi di esperienza b oppure: fanno
esperienza di.
2 (34DK; 3 B)
Clem. strom. V 115, 3 κ¨ν τò ∙ητòν ™κεîνο ¢ναγαγεîν ™θέλης «ο εχων *wτα ¢κούειν ¢κουέτω» εûροις ¨ν %wδέ πως εμφαινόμενον προς τοû Έφεσιου·
ἀξύνετοι ἀκούσαντες
κωφοῖσιν ἐοίκασι·
φάτις αὐτοῖσιν μαρτυρεῖ
παρ’εόντας ἀπεῖναι.
Quelli che rimangono incomprensivi (anche)
dopo aver udito [insegnare] il Logos sono come i sordi;
ad essi si applica la testimonianza del
detto: presenti sono assenti.
3 (17 DK; 5 B)
Clem. strom. II 81, 1
οὐ γὰρ φρονέουσι τοιαῦτα πολλοί
ὁκόσοι ἐγκυρεῦσιν
οὐδὲ μαθόντες γινώσκουσιν
ἑωυτοῖσι δὲ δοκέουσι.
κατ¦ τÕν γενναîον Ήράκλειτον. %aρ;; ο÷ δοκεî καì ο*uτος τοùς μÕ πιστεύοντας φέγειν;
La maggioranza
degli uomini non notanoa le cose in cui si imbattono,
né le conosconob
quando attorno ad esse hanno appresoc ,
ma sembra lorod
di farlo.
a oppure: non comprendono b oppure: capiscono c oppure: quando hanno avuto degli insegnamenti d oppure: immaginano.
4 (72 DK; 93 B)
Mar. Ant. IV 46
ᾧ μάλιστα διηνεκῶς ὁμιλοῦσι
(λόγῳ τῷ τὰ ὅλα διοικοῦντι),
τούτῳ διὰφέρονται,
καὶ οἷς καθ΄ ἡμέραν
ἐγκυροῦσι, ταῦτα αὐτοῖς ξένα φαίνεται
Gli uomini sono
in disaccordo con colui con il quale hanno il rapporto più continuo.
Gruppo
II
5
(55 DK;
13 B)
Hippolyt.
refut. IX 9, 5 <...>
ὅσων ὄψις ἀκοὴ μάθησις,
ταῦτα ἐγὼ προτιμέω,
Le cose di cui c’è vista, udito e percezione
queste in verità io preferisco.
6
(101a
DK; 15 B)
Polyb.
XII
27, 1 δυεῖν γὰρ ὄντων κατὰ φύσιν ὡσανεί τινων ὀργάνων ἡυῖν, οἷς πάντα πυνθανόμεθα
καὶ πολυπραγμονοῦμεν, <ἀκοῆς καὶ ὁράσεως>, ἀληθινωτέραςδ΄ οὔσης οὐ μικρῷ
τῆς ὁράσεως κατὰ τὸν Ἡράκλειτον· (ὀφθαλμοὶ γὰρ τῶν ὤτων ἀκριϐέστεροι μάρτυρες)...
Gli occhi sono
testimoni più fedeli degli orecchi.
7
(35
DK; 49 B)
Clem. strom. V
Gli uomini devono fare la conoscenza di molte cose.
Gruppo
III
Quantunque il Logos sia accessibile alla conoscenza umana, non sta sempre alla superficie delle cose, ma si "nasconde" in ogni cosa particolare.
8
(123 DK; 10 B)
(0) φύσις κρύπτεσθαι φιλεῖ.
La reale costituzione di ciascuna cosa ha l’abitudine di nascondersi.
9
(54
DK)
Hippolit. refut.
IX 9, 5 <...> ἁρμονίη ἀφανὴς φανερῆς κρείττων. <...>
Il rapporto invisibile è più forte di quello
visibile1.
1 Nell’edizione italiana (2007) l’inizio del frammento è mutilato.
10
(22
DK; 8 B)
Clem. strom. IV
4, 2 (II p. 249 St.)
χρυσὸν
γὰρ οἱ διζήμενοι
γῆν πολλὴν ὀρύσσουσι
<...>
καὶ
εὑρίσκουσιν ὀλίγον.
Quelli
che cercano l’oro
scavano
tanta terra e trovano poco.
11
(18
DK; 116 B)
Clem. strom. II
17, 4 (II p. 121 St.) <...>
ἐὰν
μὴ ἔλπηται, ἀνέλπιστον
οὐκ
ἐξευρήσει,
ἀνεξερεύνητον
ἐὸν καὶ ἄπορον.
Se non ti aspetti l’inatteso, non lo troverai;
perché è duro da ricercarsi e difficile da ottenere.
12
(86
DK; 116 B)
Plut. Coriol. 38,
6 <...> ἀλλὰ τῶν μὲν θείων τὰ πολλά,
καθ΄ Ἡράκλειτον,
ἀπιστίῃ
διαφυγγάνει μὴ γιγνώσκεσθαι.
È a causa della mancanza di fiducia (umana)
che [il Logos?] sfugge alla conoscenza degli uomini.
13
(107
DK; 4 B)
Sext. Emp.
adv. math. VII 126 <...>
κακοὶ μάρτυρες ἀνθρώποισιν
ὀφθαλμοὶ καὶ ὦτα
βαρϐάρους ψυχὰς ἐχόντων.
<...>
Cattivi testimoni sono occhi ed orecchi per gli
uomini,
non
rivela e non nasconde, ma dà un segno.
15
(101
DK; 80 B)
Plut. adv. Colot. 1118
C <...> ἐδιζησάμην ἐμεωυτόν
<...>
Interrogai
me stesso.
Gruppo
IV
Questo gruppo include alcuni detti polemici.
16
(40
DK; 16 B)
Diog. Laert. IX 1
<...>
πολυμαθίη
νόον (ἔχειν) οὐ διδάσκει·
Ἡσίοδονγὰρ ἂν ἐδίδαξε καὶ Πυθαγόρην
αὖτις
τε Ξενοφάνεά (τε) καὶ Ἑκαταῖον.
<...>
L’apprendere molte cose
non insegna l’intelligenza;
altrimenti l’avrebbe
insegnata a Esiodo e Pitagora,
e anche a Senofane ed Ecateo.
17
(129
DK; 17 B)
Diog. Laert. VIII 6
<...>
Πυθαγόρης Μνησάρχου
ἱστορίην ἤσκησεν ἀνθρώπων
μάλιστα πάντων
καὶ ἐκλεξάμενος ταύτας
τὰς συγγραφὰς
ἐποιήσατο ἑωυτοῦ σοφίην,
πολυμαθείην, κακοτεχνίην.
Cfr. DK 14 A 19.
Pitagora figlio di Mnesarco,
ha praticato l’indagine1 più di tutti gli
altri uomini,
e avendo fatto una scelta di questi2
scritti,
escogitò una sapienza sua propria,
nient’altro che nuda erudizione e meschino artificio3.
1 ricerca 2
tali 3 inganno.
18
(81 DK; 138 B)
Philodem. rhet. I
coll. 57 et 62 ἡ δὲ τῶν ῥητόρων εἰσαγωγὴ πάντα τὰ θεωρήματα
πρὸς τοῦτ΄ ἔχει τείνοντα καὶ κατὰ τὸν Ἡράκλειτον κοπίδων
ἐστὶν ἀρχηχός.
(Pitagora) ... comandante in capo1 di
ingannatori.
1 guida.
19
(28b
DK; 118 B)
Clem. strom. V
9, 3 (II p. 331 St.) ... kaˆ mšntoi
ka…·
Divkh katal»yetai yeudÏn tšktonaj kaˆ; m£rturaj
<...>
La Dèa della Giustizia dichiarerà colpevoli i
fabbricanti di menzogne e i (loro) falsi testimoni.
20
(28a
DK; 118 B)
Clem. strom. V
9, (II p. 331 St.) ...
δοκέοντα
γὰρ ὁ δοκιμώτατος γινώσκει, φυλάσσει·
καὶ μέντοι καὶ· ...
Ciò
che l’uomo più reputato (fra i Greci)
conosce
e custodisce
non è
altro che fantasie1.
1 false
opinioni.
21
(56
DK; 47 B)
Hippol.
ref. IX 9,5 (p. 242,16 Wendl.) ...
ἐξηπάτηνται, φησίν, οἱ ἄνθρωποι πρὸς τὴν γνῶσιν τῶν
φανερῶν
παραπλησίως Ὁμήρῳ, ὅς ἐγένετο τῶν Ἑλλήνων σοφώτερος πάντων.
ἐκεῖνόν τε γὰρ παῖδες φθεῖρας κατακτείνοντες ἐξηπάτησαν
εἰπόντες·
ὅσα εἴδομεν καὶ ἐλάϐομεν, ταῦτα ἀπολείπομεν,
ὅσα δὲ οὔτε εἴδομεν οὔτ' ἐλάϐομεν, ταῦτα φέρομεν.
Gli uomini si autoingannano1 nella
conoscenza delle cose manifeste,
come Omero, quantunque egli fosse (considerato) più
saggio di qualsiasi altro greco;
ché fu tratto in inganno quando fanciulli che
uccidevano pidocchi gli dissero:
«Ci lasciamo dietro ciò che abbiamo visto e preso,
portiamo con noi ciò che non abbiamo né visto né
preso».
1 errano.
22
(97
DK; 115 B)
Plut. an seni sit ger. res publ. 787
C <...>
κύνες
γὰρ καὶ βαΰζουσινὃν, ἂν μὴ γινώσκωσι.
<...>
Solo i cani [ e non gli uomini] hanno l’abitudine di
abbaiare a chiunque non conoscono.
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